martedì 22 maggio 2018

ARISTOTELE

Aristotele

Aristotele è stato un filosofo, scienziato e logico greco antico, nacque nel 384 a.C. a Stagira.
Secondo Aristotele la filosofia è 
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  • conoscenza disinteressata di tutti gli aspetti della realtà, essa va studiata attraverso ricerche sistematiche di carattere settoriale e specialistico;
  •  ricerca del senso unitario del mondo nei discorsi specialistici delle varie discipline che rispecchiano la realtà delle cose in base alla corrispondenza tra la struttura dell'essere e la sua rappresentazione scientifica;
  • attività di ricerca e insegnamento;

 Egli traccia un elenco di tutti i saperi definisce il metodo e l'oggetto delle diverse disciplina.
  • scienze teoretiche: metodo; dimostrativo/ oggetto; il necessario.
  • scienze pratiche: metodo; non dimostrativo/ oggetto; il possibile.
  • scienze produttive: metodo; non dimostrativo/ oggetto; il possibile.


IL PROGETTO FILOSOFICO

il sistema delle scienze:

- SCIENZE TEORETICHE: 
matematica, fisica, filosofia prima.
Sono scienze che hanno come scopo la conoscenza disinteressata della realtà.

FILOSOFIA PRIMA: utilizza l'essere in quanto essere.
FISICA: utilizza enti naturali terrestri e celesti (in movimento)
MATEMATICA: utilizza enti naturali aritmetici o geometrici (immobili)

-SCIENZE PRATICHE:
etica e politica
Sono scienze che hanno come scopo l'orientamento dei comportamenti verso la felicità individuale (etica) e l'orientamento dei comportamenti verso la felicità collettiva (politica). 
ETICA: utilizza lo studio del comportamento individuale.
POLITICA: utilizza lo studio del comportamento collettivo.


-SCIENZE PRODUTTIVE:
tecniche e arti belle (architettura,scultura,pittura,musica,poesia,danza,retorica)
Sono scienze che hanno come scopo la manipolazione di oggetti o la realizzazione di opere.
Utilizzano oggetti prodotti secondo libera creatività.


LA METAFISICA

La metafisica è la scienza fondamentale che si occupa delle caratteristiche universali dell'essereAristotele, procedendo con rigore analitico, giunge a elaborare una spiegazione dei fenomeni, riconoscendo all'origine di ognuno di essi quattro tipi di cause:

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  • La causa materiale o materia è il sostrato indeterminato, privo quindi di caratteri specifici. Di questa causa si sono occupati essenzialmente i primi filosofi (dalla scuola ionica a Eraclito).
  • La causa formale o forma è il fattore determinante, ciò che fa sì che la materia indeterminata assuma certi caratteri distintivi. Di questa causa si è occupato in particolare Platone, con la sua teoria delle idee.
  • La causa efficiente (o efficace, o agente) è ciò da cui è prodotto l'effetto: è la causa nel senso corrente del termine. È Empedocle ad aver per primo individuato questa causa, da lui collocata nelle forze di Amore e Odio.
  • La causa finale o fine è ciò verso cui tende la cosa causata. Di questa causa ha parlato soprattutto Anassagora, con la sua teoria del Nous, che organizza tutta la realtà dei semi in modo ordinato e finalizzato. Materia e forma sono principi intrinseci alla cosa, al punto che non si possono scindere. Causa efficiente e finale sono invece estrinseci alla cosa causata, la prima precedendola, la seconda seguendola.
ontologia
Aristotele afferma che vi è una scienza che studia l'essere in quanto essere e le proprietà che gli competono in quanto tale. La metafisica è infatti, nel suo secondo senso, scienza dell'essere in quanto essere.

analogia: uni-molteplicità dell’essere
Aristotele afferma quindi la analogia dell'essere.
In altre parole l'essere non è né univoco, cioè detto nello stesso identico senso di due cose diverse (ad esempio “cavallo” detto di due cavalli), né equivoco cioè due cose diverse con senso (totalmente) diverso.
Tra i vari enti esiste, in questo senso, una analogia: si dice analogicamente, cioè né equivocamente né univocamente, che “è” una cosa e, ad esempio, un suo colore, un suo effetto operativo, un ricordo di essa, un sentimento da lei suscitato.


Così Aristotele supera definitivamente Parmenide, che concepiva l'essere come univoco, completando Platone, che secondo Aristotele, concepiva ancora l'essere come un genere, sia pure un genere trascendente, ossia come un universale sostanziale.

unità dell’essere
In quanto uno, l'essere ha delle leggi, dei principi a cui obbedire:
  • di identità
  • di non-contraddizione
  • del "terzo escluso", per cui è impossibile che la stessa cosa sia e non sia
Questi principi non possono essere dimostrati positivamente.

molteplicità dell’essere
Si danno quattro significati fondamentali dell'essere:
  • Essere secondo il vero e il falso: è l'essere in quanto pensato: solo questo essere può essere falso; infatti la falsità è solo nel giudizio del soggetto che non si "adegua" all'oggettività del reale. Non esistono "cose false", ma pensieri falsi. Il che significa che l'essere in senso vero e proprio coincide col vero. Il che è molto prossimo al dire che la realtà non inganna, ma è il soggetto umano a porre diaframmi alla verità, a cercare di alterare ciò che di per sè sarebbe retto e limpido.
  • Essere accidentale: è l'essere che di fatto si trova ad accadere, ma potrebbe anche non accadere; è senza essere radicato nelle profondità necessarie delle strutture intelligibili che costituiscono l'intelaiatura del reale. Di fatto è accidentale ogni realtà particolare e ogni evento concreto. Necessarie sono solo le struttura intelligibili, le nature specifiche e le leggi universali. Questo significa che per Aristotele io che scrivo e tu che leggi esistiamo per un caso, e per caso ci è accaduto nella vita quello che ci è accaduto: il particolare in quanto tale non ha senso, è assurdo. Sensato è unicamente l'universale. Ma in questo modo, per Aristotele, la vita concreta non è salvata.
  • Essere secondo potenza e atto. Con questi concetti Aristotele imposta la sua soluzione al problema della contraddittorietà del divenire, quale la aveva prospettata Parmenide. Per il quale il divenire è l'essere del non essere e il non essere dell'essere. Invece il passaggio è non dal non-essere (assoluto) ma da quel non-essere relativo che è l'essere potenziale all'essere attuale. Il che non implica contraddizione. Essere potenziale è ad esempio il seme rispetto alla pianta che se ne svilupperà: il seme è in atto seme, e in potenza pianta.
  • Essere secondo le categorie. Ossia sostanza, qualità, quantità, luogo, tempo, relazione, agire, patire. Una distinzione essenziale va fatta tra la categoria di sostanza, che è la principale, e quelle degli "accidenti".
    usiologia
    Nell'essere un posto centrale lo occupa la sostanza.Le caratteristiche della sostanza sono le seguenti:


    • unità: la sostanza deve essere un che di uno: un sasso è una sostanza, un mucchio di sassi no;
    • determinatezza: deve potersi indicare concretamente: l'umanità non è sostanza (se non in senso secondario: sostanza seconda), lo è l'uomo, quest'uomo qui (questo è sostanza prima, sostanza in senso vero e proprio);
    • indipendenza: appunto in quanto la sostanza sussiste, e non inerisce: un maglione è sostanza, il blu no, perché è sempre blu di qualcosa, di qualche sostanza, ad esempio blu del maglione;
    • attualità: deve essere qualcosa di attuale, di reale: il seme che è seme ora, è sostanza, la pianta che il seme può diventare, sviluppandosi, non è sostanza, finché il seme resta seme.

LA SOSTANZA

Risultati immagini per aristoteleAristotele le divide in sostanze prime e sostanze seconde.



LE SOSTANZE PRIME:

esistono in modo autonomo e fungono sempre e soltanto da soggetti.

Dal punto di vista ontologico le sostanze sono soggetti reali mentre dal punto di vista logico sono soggetti logici .

LE SOSTANZE SECONDE: 
non possono esistere indipendentemente dagli individui concreti  (le specie e i generi).

-Quindi l'essere non coincide con il mondo delle idee ma è un insieme si sostanze dotate di varie qualità.
-Si dice SINOLO, cioè unione indissolubile, di forma e materia.
Una trasformazione intera dell'essere si tratta dal passaggio dall'essere in potenza della materia a quello in atto della forma.

La materia è quell'elemento indeterminato che ha la potenzialità, mentre la forma è l'elemento attuale.
Però la forma pura e assoluta dell'attualità coincide con Dio.  


LA LEGGE DEL TERZO UOMO 


L'argomento del terzo uomo (τρίτος ἄνϑρωπος) è un ragionamento 

critico formulato da Aristotele rivolto ad un particolare aspetto 

della dottrina platonica delle idee, che mette in discussione la 

trascendenza di queste ultime rispetto agli enti sensibili.Proposto

 per la prima volta dallo stesso Platone nel Parmenide, l'argomento 

fu poi ripreso da Aristotele per opporsi alla teoria del maestro e 

contestarne la concezione trascendente delle idee.L'esempio portato 

da Aristotele nel suo rilievo critico è quello di un uomo, da cui il 

nome dell'argomento. Egli obiettò che, secondo la teoria platonica,

 tutti gli uomini del mondo sensibile sono tali perché partecipano

dell'Idea di Uomo, perfetta in sé, ma separata rispetto a quei 

singoli uomini. Nonostante una tale separazione, tuttavia, vi deve 

pur essere un legame, o elemento in comune, in base al quale quegli 

uomini particolari siano effettivamente partecipi del loro Ideale 

corrispondente, altrimenti non vi parteciperebbero affatto. Proprio 

l'idea del «terzo uomo» rappresenta dunque tutto ciò che vi è in 

comune tra gli uomini sensibili e l'Uomo ideale. Ma a questo punto, 

anche il terzo uomo si troverebbe separato dall'Idea, e vi sarebbe 

bisogno di un ulteriore elemento che ne rappresenti gli aspetti in 

comune, poi un altro ancora, e così via all'infinito. Si parla 

pertanto in questo caso di "regresso all'infinito".Aristotele 

conclude che una tale moltiplicazione degli enti rivela 

l'inefficacia della teoria che postuli una separazione tra gli 

individui corporei e le loro Idee corrispondenti. Ogni realtà deve 

piuttosto avere in se stessa, e non in cielo, le ragioni del proprio 

costituirsi (immanenza). Nel caso dell'esempio, «uomo» è un 

predicato comune a più enti, a cui viene erroneamente conferita 

un'esistenza autonoma da ciò di cui si predica, come se il predicato 

fosse esso stesso un uomo.

lunedì 19 marzo 2018

PLATONE e LA TEORIA DELLE IDEE

Platone

Platone fu uno dei massimi pensatori di tutti i tempi, a cui dobbiamo l'elaborazione di gran parte dei temi, dei concetti e del lessico della filosofia.
Nato da una delle più importanti famiglie di Atene, il giovane Platone era destinato all'impegno politico-amministrativo, un'ambizione che viene però soffocata dalla profonda delusione di fronte all'ingiustizia e alla corruzione che osserva nei vari governi succedutisi al potere della città:
  • prima il governo sanguinario dei Trenta tiranni (404-403 a.C.),affermatosi dopo la sconfitta di Atene e nella guerra del Peloponneso;
  • quindi la restaurata democrazia, che si macchia a sua volta di azioni ingiuste.
L'evento che più di altri concorre alla formulazione di un giudizio così duro è senza dubbio la condanna a morte di Socrate da parte del tribunale di Atene nel 399 a.C.
E' proprio la figura di Socrate a rappresentare per Platone una speranza e un modello, perché egli si è adoperato per un rinnovamento etico dell'uomo, improntato alla virtù e alla giustizia, ed è andato alla ricerca di 'definizioni' stabili, basi di un accordo universale.

Secondo Platone, la crisi sociale e politica del suo tempo è l'espressione di una crisi più profonda, che riguarda l'intera esistenza umana.
L'ingiustizia non è che il sintomo della scissione tra politica e saggezza.
Nella società dilagano sempre più le tendenze relativistiche e scettiche diffuse dai sofisti, secondo cui non esistono una verità o una morale assoluta e per i quali la forza delle argomentazioni risiede nella loro capacità di persuasione: i giovani vengono educati a utilizzare il potente strumento della parola, imparano a far valere il proprio punto di vista e i propri egoistici interessi, ma abbandonano la via della retta conoscenza, che sola  può condurre al riconoscimento di valori e principi universali, stabili e immutabili

Platone istituì l'Accademia. Il nome "Accademia" deriva dal luogo in cui la scuola fu fondata nel 387 a.C., ossia il parco dedicato all'eroe greco Accademo.
A partire dal 387 tutta l'attività intellettuale e umana di Platone si concentrò all'interno della sua scuola, la quale costituiva un centro di ricerca scientifica dai tratti molto originali, che non trova analogie in nessuna delle nostre istituzioni universitarie o liceali.
L'Accademia era un'associazione religiosa dedicata al culto delle Muse, ma soprattutto un importante luogo di studi, dotato di una biblioteca e di materiale didattico e scientifico, in cui si dedicavano alla ricerca tanti giovani aristocratici di Atene e dell'intero mondo greco, (tra cui Aristotele).
Si trattava di un grande istituto di educazione superiore, in cui Platone teneva le sue lezioni sviluppando un dibattito interno molto ampio e approfondito.
Tra gli obiettivi dell'Accademia dobbiamo sottolineare anche quello di istruire uomini capaci di orientare le scelte politiche.
L'istituzione ebbe una grande longevità, mantenendosi attiva per più di 900 anni, fino al 529 d.C., quando fu chiusa dall'imperatore Giustiniano.

Per Platone l'essenza della filosofia è rappresentata dal modello socratico, e non a caso la maggioranza delle sue opere ha forma dialogica.
Si tratta infatti della forma letteraria che meglio si presta a esprimere l'idea della verità come ricerca continua e interpersonale.
Come già per Socrate, anche per Platone l'indagine filosofica procede con lentezza e fatica, tappa dopo tappa: essa progredisce grazie agli sforzi solidali di tutti coloro che coltivano la filosofia, ma non giunge mai al possesso totale e definitivo della verità, quindi non esime gli uomini dal compito di interrogarsi incessantemente.
Solo attraverso un'interrogazione onesta e rigorosa si può acquisire la scienza.
Le caratteristiche essenziali dei dialoghi platonici sono:
  • gli interlocutori dei dialoghi sono, in genere, persone ben identificate, in numero definito e limitato.
  • la finalità dei dialoghi è la ricerca della verità perseguita con metodo e rigore razionale.
  • quanto alla procedura espositiva, i dialoghi, privilegiano i discorsi brevi.


IL MITO PLATONICO
Ha una duplice funzione:
  • innanzitutto serve per comunicare in modo più accessibile e intuitivo dottrine particolarmente difficili.
  • in secondo luogo viene utilizzato per alludere a realtà che vanno al di là dei limiti dell'indagine razionale, a cui l'autore crede fermamente, ma che non ha modo di dimostrare in modo rigoroso attraverso la ragione filosofica.

Il mito di Platone gioca sia un ruolo didattico sia una funzione squisitamente filosofica.
L'opera platonica, proprio per il suo ricorso al mito, può talora risultare difficile da interpretare, in quanto non sempre si riesce a individuare un confine netto tra i due "linguaggi", quello filosofico e quello appunto del mito. Tuttavia è proprio questo aspetto che ha reso il platonismo suggestivo e che ne ha agevolato la diffusione nel tempo. 


LA TEORIA DELLE IDEE: PLATONE


Platone inizia la sua ricerca proprio dal punto in cui era arrivato Socrate. 
Quest'ultimo aveva detto che l'anima diventa buona e virtuosa attraverso la conoscenza: se essa conosce ciò che è bene nelle varie circostanze, non può commettere il male.
Il filosofo riconosce che i sensi non consentono di pervenire a un'idea unica e oggettiva del bene.
Infatti, c'è chi ripone il bene nel piacere, chi nell'assenza di sofferenza, chi nella buona salute...
Il suo ragionamento è di questo tipo: quando affermiamo "Socrate è buono", "gli dei sono buoni", "l'acqua che beviamo è buona", noi attribuiamo uno stesso predicato, ''buono'', a differenti soggetti.
Perché tutte queste affermazioni abbiano una senso è necessario convenire che il predicato 'buono' esprime qualcosa di permanente, pur nel variare dei soggetti, e che ha una sua realtà al di fuori degli ambiti in cui è stato usato.
In altri termini possiamo dire che Socrate è buono e gli dei sono buoni in quanto esiste l'idea assoluta di Bontà.


Platone riconosce:
  • i limiti dell'esperienza sensibile che non consente una conoscenza sicura e affidabile.
  • la necessità, per la scienza, di trovare criteri di verità oggettivi e universali.
  • l'insufficienza delle cause materiali nella spiegazione dei fenomeni dell'universo.
pertanto, intraprende la ''seconda navigazione'', con la quale arriva ad ammettere che esistono le idee entità immutabili, intelligibili, incorporee e perfette.
Il quale sono poste mondo dell'iperuranio, a cui al vertice c'è l'idea del bene.
Il quale costituiscono:
  • i criteri di verità dei giudizi
  • la causa e la ragion d'essere delle cose

L'IDEA DI SOCRATE PARTECIPA AI 5 GENERI SOMMI

  1. ESSERE (Socrate è)
  2. IDENTICO (Socrate è identico a se stesso)
  3. DIVERSO (Socrate è altro da me o da te...)
  4. QUIETE (Socrate è fermo, visto in un determinato momento)
  5. MOVIMENTO (Socrate è in divenire, visto in prospettiva)

martedì 6 febbraio 2018

SOCRATE

Socrate



Socrate nacque ad Atene nel 469 a.C.
Egli non scrisse nulla e quindi non lasciò 
testimonianze di sé ma visse in un clima difficile in cui le classi conservatrici guardavano con ostilità i sofisti, l'insieme dei filosofi e anche la nuova classe politica formatasi alla luce delle loro dottrine.

Indipendentemente dall'aspetto esteriore, quest'uomo aveva un animo bello, nobile, coraggioso e forte.
Egli fu condannato a morte ad Atene durante un periodo di restauro della democrazia nella città.
La condanna avvenne perché il potere avvertiva, in un uomo popolare come lui, una grave minaccia.
Egli fu accusato di non onorare gli dei della sua città e di aver corrotto i giovani attraverso la retorica. Queste accuse  celavano appunto la forte preoccupazione del nuovo governo nei confronti di questo personaggio.

Da parte di strati molto ampi della popolazione, verso gli intellettuali, c'era un sentimento di rancore ed ostilità che considerava i filosofi responsabili dello stato di crisi della polis.

La condanna però fu eseguita dopo un mese e quel periodo di attesa, Socrate lo passò serenamente, conversando con gli altri e rifiutandosi di evadere.
Ma l'ultimo giorno, dopo essersi lavato per giungere puro all'ora decisiva, egli bevve la cicuta.

Socrate era l'uomo più saggio perché sapeva di non sapere. 
Egli insegnava a non accettare mai idee e giudizi senza prima essersi interrogati a fondo sul loro significato.
Socrate voleva dimostrare a coloro che si reputavano sapienti che non lo erano affatto, in quanto non conoscevano in profondità ciò di cui parlavano.

I
l suo metodo si componeva di due momenti fondamentali: l'ironia e la maieutica.

  • L'IRONIA
    Dialogando con i suoi interlocutori, Socrate li chiedeva di pronunciarsi su un particolare tema, dichiarando di no conoscere l'argomento in questione.
    poco per volta, infatti, si scopriva che anche l'interlocutore, non sapeva realmente che cose fosse ciò di cui stava parlando
  • LA MAIEUTICA                                                         Qui lo scopo era quello di far capire quanto fosse importante ricercare sempre ed incessantemente la verità.

Egli affermava di svolgere lo stesso lavoro della madre, che era una levatrice, con la differenza che egli faceva partorire le menti e non i bambini.

Socrate non poteva proporre nuove conoscenze. La sua missione consisteva nel mettere alla prova i giovani.
Il contesto educativo era quello del dialogo tra amici. Perché il dialogo conseguisse gli esiti desiderati era necessario che ci fosse fiducia reciproca e una comune aspirazione alla verità.


Socrate concepiva la sua missione ad un invito a ragionare.

Egli non intendeva l'istruzione come un trasferimento di concetti e nozioni dalla mente dell'insegnante a quella dell'alunno, bensì come uno strumento per aiutare a riflettere e trovare una soluzione personale ai problemi.


Socrate affermava che chi conosce il bene non può commettere il male.


lunedì 8 gennaio 2018

IPPIA, PRODICO E ANTIFONE

PRODICO
Prodico di Ceo nacque tra il 470-460 a.C. Fu un educatore e un oratore politico. Si interessò particolarmente all' etimologia delle parole. Riteneva infatti che le parole   avessero un'origine convenzionale, ovvero che nascessero da un accordo dei popoli sui nomi da attribuire alle cose. Egli sviluppò l'arte dei sinonimi con cui classificò moltissimi vocaboli.

IPPIA E ANTIFONE 

Ippia e Antifone si occuparono di stabilire una distinzione e una contrapposizione tra la legge naturale e la legge positiva.
  • legge naturale: è uguale per tutti, non fa distinzioni tra le classi sociali ed è sempre valida.
  • legge positiva: creata dall'uomo ed è imparziale, mutevoli e discutibili.